L’Assemblea Costituente della Repubblica italiana, composta di 556 deputati, fu eletta il 2 giugno 1946 e si riunì in prima seduta il 25 giugno nel palazzo Montecitorio.
L’Assemblea continuò i suoi lavori fino al 31 gennaio 1948. Durante tale periodo si tennero 375 sedute pubbliche, di cui 170 furono dedicate alla discussione e all’approvazione della nuova Costituzione. Nella sua prima seduta del 25 giugno l'Assemblea elesse come suo presidente Giuseppe
Saragat. Con il Patto di Salerno dell’aprile 1944 fra il
CNL e la Monarchia si era deciso che alla fine della guerra sarebbe stata eletta un’Assemblea con il compito di redigere una nuova costituzione. Alle elezioni del 2 giugno 1946 votarono gli italiani uomini e donne con 21 anni di età. Ricevettero due distinte schede: una per la scelta fra Monarchia e Repubblica (referendum istituzionale), l'altra per l'elezione di 556 deputati con sistema elettorale
proporzionale a liste concorrenti e collegi elettorali plurinominali.
I voti a favore della repubblica, dopo i controlli, risultarono essere 12.718.641, pari al 54,3 per cento dei voti validi; a favore della monarchia si erano invece espressi 10.718.502 elettori, pari al 45,7 per cento.
Nelle elezioni per l'Assemblea costituente la Democrazia cristiana ottenne la maggioranza relativa dei voti (8.083.208 pari al 37,2 per cento), seguita dal Partito socialista (
PSIUP: 4.744.749 voti pari al 20,7 per cento) e dal Partito comunista (4.342.722 voti pari al 18,7 per cento). Nessun altro partito superò il 10 per cento dei voti. Le percentuali riportate dalle singole liste furono le seguenti: Democrazia cristiana: 37,2%; Partito socialista (
PSIUP): 20,7%; Partito comunista: 18,7%; Unione democratica nazionale: 7,4%; Fronte uomo qualunque: 5,4%; Partito repubblicano: 4,1%;Blocco nazionale libertà: 2,9%; Partito d'azione: 1,3%; Altre liste: 2,3%.
L’Assemblea costituente si riunì per la prima volta il 25 giugno 1946, ed elesse presidente, nella prima seduta, Giuseppe
Saragat.
Il 28 giugno Enrico De Nicola fu eletto dall'Assemblea Capo provvisorio dello Stato, con 396 voti su 501 votanti. Enrico De Nicola, eletto alla carica di Capo provvisorio dello Stato, giunge a Montecitorio. È il 28 giugno 1946. In base al già citato decreto
n. 98 del 1946 l’Assemblea doveva sciogliersi il giorno dell'entrata in vigore della Costituzione e comunque non oltre l'ottavo mese dalla sua prima riunione. Il termine di chiusura dei lavori fu prorogato dapprima al 24 giugno 1947 (legge costituzionale 21 febbraio 1947, n. 1) poi al 31 dicembre 1947 (legge costituzionale 17 giugno 1947, n. 2). L’Assemblea costituente lavorò fino al 31 gennaio 1948 in virtù della
prorogatio contenuta nella XVII disposizione transitoria della Costituzione. Le sue commissioni funzionarono anche dopo tale data, fino al mese di aprile del 1948. Durante l’arco temporale dei suoi lavori, si tennero 375 sedute pubbliche, delle quali 170 dedicate alla Costituzione e 210 ad altre materie. L’Assemblea si riunì due volte in Comitato segreto per dibattere problemi interni.
Sulla doppia natura dell’Assemblea Costituente, cioè sulla sua funzione di organo costituente ed organo parlamentare al tempo stesso, si pronunciò Piero
Calamandrei nella Seduta del 15 luglio 1946,
dove così diceva: «Non è per fare una proposta che io parlo a nome del partito d’azione, ma soltanto per impostare un problema e per proporre un dubbio alla Giunta ed all’onorevole Presidente. Il regolamento che oggi si tratta di approvare riguarda il modo con cui la Costituente dovrà esercitare i suoi poteri. Sembra che sia preliminare all’approvazione di questo regolamento un chiarimento su questo punto: quali sono i poteri dell’Assemblea Costituente? Perché, onorevoli colleghi, la nostra Assemblea, che desume il suo nome da quella funzione augusta e solenne che è la preparazione di una nuova costituzione, è in realtà una specie di erma a due facce: da una parte è la Costituente che, come ha detto il Presidente della Repubblica nel suo nobile messaggio, deve guardare all’avvenire e lavorare per il futuro; ma nell’altra faccia è, già in atto, se pur con qualche limitazione, un Parlamento. E queste due facce hanno la stessa espressione: perché, mentre quella che guarda verso l’avvenire deve essere serena ed austera, quella che guarda verso i problemi immediati del presente ha già l’aria preoccupata e – direi quasi – un po’ convulsa di chi vede una realtà che la turba, e più si turba pensando a quello che accadrà da qui a dieci mesi, alle nuove elezioni. Ora, onorevoli colleghi, non vi è dubbio che nella sua funzione fondamentale di Costituente la nostra Assemblea è sovrana, perché essa è l’unico organo, è il primo organo dell’Italia repubblicana che abbia carattere rappresentativo, e quindi i suoi poteri sono virtualmente illimitati: l’unica limitazione di questi poteri le deriva dal
referendum istituzionale , in cui il popolo con diretto responso ha già risolto il problema istituzionale ed ha tolto all’Assemblea Costituente il potere di rimettere in discussione questo problema. Ma ciò che invece è importante e dà luogo a dubbio sono i rapporti tra il potere costituente e il potere legislativo ordinario. Chi esercita il potere legislativo ordinario? Quali poteri ha la Costituente per controllarne l’esercizio? Voi sapete che un decreto-legge luogotenenziale
del
16 marzo 1946 ha regolato in anticipo i rapporti tra la Costituente e il governo ed ha all’incirca stabilito, con qualche eccezione, che l’assemblea abbia il potere costituente da cui trae il nome, e che il potere legislativo ordinario resti delegato al governo, ad eccezione delle leggi relative ai trattati o alle leggi elettorali. L’articolo 3 del decreto contiene appunto questa frase:
Il potere legislativo resta delegato, salva la materia costituzionale, al governo.
Delegato da chi? Perché il governo che emanò il decreto 14 marzo 1946, n. 98, era, come sapete, un governo provvisorio, di fortuna, messo su coi mezzi possibili in quel momento; un governo che, come tutti i governi provvisori, aspetta la sua ratifica, la sua legittimazione
a posteriori dall”assemblea rappresentativa che finalmente è stata creata nella Costituente. Quindi in tanto le disposizioni contenute in quel decreto possono avere, nei confronti dell’Assemblea Costituente, un potere obbligatorio, in quanto la Costituente ratifichi il potere stesso. Quando quell'’articolo 3 parlava di un potere legislativo che
rimaneva delegato, evidentemente il potere delegante non poteva essere che un potere
in fieri. Il governo con quel decreto ha voluto dire: io delego oggi in anticipo quel potere legislativo che avrà l’Assemblea Costituente, la quale poi ratificherà questa delega, non avendo potuto delegarlo essa stessa con un mandato iniziale, perché ancora essa non esisteva. Quindi mi pare per rendere proficuo e sereno il nostro lavoro, che soprattutto ha la sua più importante espressione nella creazione della nuova costituzione, giovi fin da oggi, sulla soglia della nostra atti8vità legislativa, non nascondere a noi stessi questo problema che potrebbe risorgere in avvenire ad attraversare il nostro lavoro, ma cercar di eliminarlo fin da ora».
Il notevole discorso di Piero Calamandrei trovo piena accoglienza nell’Assemblea, che ratificò il decreto luogotenenziale che aveva fra l’altro indetto i comizi elettorali per l’elezione della stessa Assemblea. Sarebbe stato ben strano che l’Assemblea stessa traesse la sua esistenza da una fonte carente di legittimazione, anche se il sovrano che aveva firmato quell’atto sarà poi privato di ogni potere dall’esito del referendum da lui stesso indetto. Nella stessa seduta del 15 luglio 1946 verrà costituita la Commissione dei 75. Sono interessanti i dibattiti sulla natura ed i compiti di una siffatta commissione e sul suo rapporto con l’intera Assemblea.
(segue)